


Addomesticare l’acqua come si fa con i leoni, con Mario Ferraguti

L’acqua è un elemento ambiguo e potente; quando l’uomo ha deciso di portarsela in casa, come è successo con il fuoco, ha accolto anche la sua parte oscura, mai addomesticata.
Mario Ferraguti abita a Faviano Superiore, sulle colline di Parma. Dopo una lunga ricerca in Appennino, ha pubblicato La magia dei folletti nell’Appennino parmense e in Lunigiana (Luna editore, La Spezia), il romanzo Malalisandra (Cadmo, Firenze), il romanzo Dove il vento si ferma a mangiare le pere (Diabasis, Reggio Emilia) da cui lo spettacolo teatrale Viaggio tra le figure magiche dell’Appennino con Giacomo Agnetti e Andrea Gatti. Ha realizzato il film Folletti, Streghe, Magie, il lungo viaggio nella tradizione dell’Appennino, vincitore di numerosi premi. Ha pubblicato Ti segno e ti incanto (Fedelo’s, Parma) sulle guaritrici e streghe d’Appennino – tema su cui tiene corsi ai medici tirocinanti – e realizzato Tre volte al tramonto, film/documentario girato da Andrea Rossi. Ha pubblicato Sulle tracce del lupo che mi gira in testa (Fedelo’s, Parma), da cui lo spettacolo LM15 Storia di un lupo che finirà in Francia più di 1000 km dopo, con Paolo Montanari e Andrea Gatti. Ha pubblicato La voce delle case abbandonate (piccolo alfabeto del silenzio) (Ediciclo, Portogruaro) da cui il cortometraggio Olivia girato da Andrea Rossi. Ha scritto i testi per I mostri d’aria (Ediciclo, Portogruaro), con illustrazioni di Giacomo Agnetti. Infine, La ballata del vento (piccolo ma ostinato inseguimento)(Ediciclo Portogruaro)
Il senso dei cercatori d’acqua. Un work in progress sulla rabdomanzia, con Luca Bertinotti

Quella dei rabdomanti è quasi un’epopea in punta di piedi. Capirà bene che cosa questo significhi chi ha visto in azione coloro che, in silenzio e senza alcuna teatralità, si aggirano con la verga rabdomantica su un campo in cerca dell’acqua. La “magia”, descritta invece da chi la pratica come un senso normale, ha una sua peculiare, connaturata poeticità che incanta chi non vi è avvezzo. Di epopea dei rabdomanti si può parlare, però, anche perché, fin dai suoi esordi in area germanica nel XV secolo, la rabdomanzia è stata avversata, spesso assai duramente, dalla comunità scientifica che, salvo poche eccezioni, ha dichiarato più volte l’infondatezza delle capacità rabdomantiche, considerandole immaginarie, alla stregua di un mero fenomeno paranormale. Nonostante le bocciature accademiche subite, la convinzione popolare di essere in grado di percepire il “fluido della vita”, anche se celato nelle viscere della terra, ha continuato a rinnovarsi nei secoli.
Luca Bertinotti è medico ospedaliero, fotografo amatoriale, amante della ricerca in più campi, spinto dalla curiosità per luoghi, personaggi, tradizioni, eventi, spesso fuori dall’ordinario, ha fondato nel 2012 l’Associazione ‘9cento, di cui è attualmente Presidente. Ha pubblicato Croci del Mistero. Origine, sviluppo e declino delle Croci della Passione. È autore di numerose esposizioni fotografiche, fra cui Un lungo viaggio nell’abbandono, mostra che ha preannunciato, in varie sedi, il convegno nazionale Da borghi abbandonati a borghi ritrovati, evento di cui è stato principale sostenitore e che ha coronato il suo interesse di ricerca maggiore: il tema dei paesi spopolati d’Italia. Partendo da questo tema principale, sta sviluppando alcuni “sottocanali” di indagine ad esso connessi – fra cui la medicina tradizionale, le credenze popolari e la rabdomanzia – a cui si dedica con un atteggiamento aperto (né scettico né credulo) e, in parte, conforme al metodo d’indagine antropologica.
Le Vene dei monti, documentario di e con Andrea Gobetti

Documentario d’argomento speleologico che cerca di rendere il panorama delle conoscenze che gli speleologi hanno a proposito dell’acqua sotterranea, mettendo in luce l’estensione e l’importanza di riserve idriche raramente sfruttate e facilmente inquinabili.
Andrea Gobetti, 67 anni, nato a Torino, vive a Matraia in Lucchesia con due figli, una moglie, trecento olivi e due asini di compagnia. Scrittore e regista dai vari interessi legati spesso al mondo delle grotte, delle montagne e delle avventure di viaggio, quando non di pura fantasia. Tra i suoi libri “Una frontiera da Immaginare” , l’Ombra del tempo” “Le radici del cielo” di carattere speleologico, tra i documentari “L’uomo di legno” sull’allora giovane scultore Mauro Corona, “La Strada di Olmolunring” sul pellegrinaggio al Monte Kailas in Tibet, “La lunga Notte” su un difficile salvataggio speleologico.
Nullus enim fons non sacer. Una sorgente sacra tardoromana a Forno di Versola (MS), lungo la via romana Parma-Luni, con Angelo Ghiretti

Si espongono i risultati di uno scavo archeologico condotto nel mese di luglio 2018 in loc. Forno di Versola, alle pendici dell’altipiano di Logarghena (Pontremoli, MS). Proseguendo idealmente la ricerca sulla Cisa romana (Sella del Valoria) si è voluta indagare un’area archeologica d’età romana posta 6 km più a sud del crinale appenninico, posta in immediata vicinanza con un percorso acciottolato francigeno, potendo provare così che in sua corrispondenza transitava in precedenza un tratto della via romana Parma-Luni. In uno dei vari sondaggi esplorativi è stata identificata una sorgente frequentata nel quarto secolo dopo Cristo e sono state recuperate alcune monete poste da viandanti come offerta.
Angelo Ghiretti (Parma, 1958) si è laureato con lode all’Università di Bologna (tesi in Preistoria dell’Appennino parmense, 1984) e specializzato con lode in Archeologia romana e medievale all’Università Cattolica di Milano (tesi sull’incastellamento altomedievale nelle valli Taro-Ceno). Dal 2010 dirige il Museo delle Statue Stele Lunigianesi nel Castello del Piagnaro (Pontremoli, MS), riallestito con un nuovo progetto nel 2015 dall’arch. Guido Canali di Parma. E’ autore di circa sessanta pubblicazioni scientifiche sull’archeologia delle aree montane, tra Alpi ed Appennini.
Parole che non sanno nuotare, con Cristiano Tallè

Gli Ikoots abitano una frangia di terra in continua metamorfosi affacciata sull’oceano Pacifico, nell’Istmo di Tehuantepec, la più settentrionale delle strozzature che divide in due grandi coni il continente americano. La forza dei venti, l’intensità delle piogge ed il costante moto ondoso oceanico sono i tre grandi agenti del metabolismo di tale ecosistema di frontiera fra oceano e terra, ricoperto in gran parte da corpi d’acqua soggetti ad una fortissima fluttuazione stagionale. La cartografia ufficiale ha sempre disegnato tale territorio come una superficie effimera contesa dalle acque, vuota di nomi e di accidenti geografici di rilievo. Per i suoi abitanti nativi esso è invece un paesaggio vivente disseminato da scie di parole capaci di aderire alla forma percepita dei luoghi e al loro continuo mutamento; l’impronta linguistica di una costante ed estesa mobilità attraverso una rete di cammini d’acqua e di sabbia fra dune, guadi, rive, spiagge, estuari e mangrovie. Sottoposti ad un processo secolare di inferiorizzazione sociale e marginalizzazione geografica, gli ikoots affrontano oggi l’esproprio delle loro ‘terre ancestrali’ in nome di una politica globale di riconversione energetica.
Cristiano Tallè svolge da un ventennio ricerche sul campo presso la comunità indigena Ikoots di San Mateo del Mar (Oaxaca, Messico). I suoi principali interessi riguardano l’antropologia del linguaggio, l’antropologia dell’educazione, l’antropologia dell’ambiente ed i diritti nativi in contesti nativi latino-americani. É autore, fra gli altri, di Scuola, Costumbre e identità. Un’etnografia dell’educazione nella comunità indigena di San Mateo del Mar (Messico) (CISU, 2009) e di Sentieri di parole. Lingua, paesaggio e senso del luogo in una comunità indigena di pescatori nel Messico del sud (SEID, 2016). Ha insegnato antropologia culturale e antropologia politica presso l’Università degli Studi di Torino ed antropologia culturale e etnolinguistica presso l’Università degli Studi ‘L’Orientale’ di Napoli.
Sul rapporto tra dialetti e corsi d’acqua in Emilia Occidentale, con Andrea Ghirarduzzi

Sono diversi i fattori storici e geografici che hanno influenzato la suddivisione dialettale all’interno della regione emiliana. Possiamo ad esempio citare il ruolo svolto dalla città di Bologna quale centro propulsore di nuovi tratti fonetici, o l’influenza che ha esercitato la rete viaria (in particolare rappresentata dai due assi della via Emilia e della via Francigena) nella diffusione di questi stessi tratti. Certamente uno dei fattori che più hanno contribuito alla definizione e fissazione del profilo dialettale dell’Emilia occidentale è la presenza di corsi d’acqua e di punti di attraversamento stabili e duraturi a cavallo di tali corsi. Fiumi e torrenti quali il Panaro, lo Stirone, ma soprattutto il Taro restano elementi imprescindibili dell’identità emiliana non solo dal punto di vista naturale e geografico, ma anche da quello linguistico e culturale.
Andrea Ghirarduzzi nasce a Parma nel 1989, risiede a Noceto (PR). Dopo aver frequentato l’Università di Parma e l’Università per Stranieri di Siena, nel 2015 ha intrapreso un percorso di dottorato in linguistica presso l’Università per Stranieri di Siena. La sua tesi, dal titolo Per una descrizione dei dialetti parmigiani: studio sul vocalismo, è stata in parte portata avanti presso l’Università di Zurigo.
Acqua e cambiamenti climatici: la montagna che cambia, con Elisabetta Dall’O’

In un periodo storico di cambiamenti drammatici per il futuro del nostro pianeta e per quello dei suoi abitanti, la regione alpina e la montagna in generale si pongono oggi al centro del dibattito sul clima e sull’ambiente. Il ciclo dell’acqua, essenziale per la vita sul nostro pianeta, di cui i ghiacciai costituiscono le principali riserve, segna il punto di partenza per una riflessione più ampia sulla relazione tra risorse naturali, comunità locali e patrimonio culturale. Nei contesti di montagna, contesti in cui la storia dei luoghi è radicata nella memoria del territorio vissuto, e in quella di chi lo abita e lo ricorda, la percezione dei mutamenti in atto è avvertita come un’esperienza “reale”. Il contributo dello studio delle Alpi e dei loro ghiacciai ci appaiono allora fondamentali per provare a cogliere la complessità di questi scenari di cambiamento fornendo nuove prospettive di ricerca e spunti di riflessione inediti.
Elisabetta Dall’Ò, PhD, è Post Doctoral Research Fellow in Antropologia Culturale e Sociale presso l’Università degli Studi di Torino. Sta conducendo una ricerca sulle percezioni, sulle rappresentazioni e sugli effetti socio culturali dei cambiamenti climatici in area alpina. Il suoi interessi di ricerca spaziano dall’Antropologia ambientale, a quella dei disastri, alla Storia. È redattrice della rivista di microstoria “Contesti” e collabora con numerose riviste italiane e internazionali. Ha all’attivo diversi saggi e monografie in ambito storico ed etnografico. È tra i soci fondatori di ANPIA, l’Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia.
ll desiderio del mare nei montanari d’Appennino: “residuo genetico” o ricordo storico di mille transumanze? con Fabio Baroni

Il desiderio dell’acqua e l’attrazione del mare sono elementi connaturati all’umanità. Non tratteremo, ovviamente, le cause del fenomeno. Tratterò invece, giocando sul tema, il desiderio del mare che le popolazioni appenniniche hanno da sempre. Un richiamo che, come per le loro greggi, li chiama a una fonte necessaria di vita, il mare (nella logica della transumanza). Ma anche il richiamo dell’ignoto insito nell’oltremare. Immaginiamo lo sguardo di un pastore apuano od appenninico – fra terrore e attrazione–alla vista del mare. E poi le culture oltremarine da sempre in dialettica relazione con i montanari autoctoni: i loro oggetti, segni, culture che si incontrano con quelli locali. Come per gli isolani il desiderio di continente, di terra ferma è forte, così è forte per i montanari il desiderio di mare. Fors’anche come rottura di stabilità.
Fabio Baroni si è da sempre occupato, attraverso incarichi pubblici, docenze, progettazione di percorsi, musei, guide turistiche, di valorizzare il territorio toscano con particolare riguardo alle zone della Garfagnana, della Lunigiana e delle Alpi Apuane. Ha rivestito numerosi incarichi tra cui quello di direttore del centro Tradizioni Popolari della Provincia di Lucca, ha progettato e realizzato il Museo del Territorio dell’Alta valle Aulella (Casola in Lunigiana), il Museo delle Grotte “A. C. Ambrosi” di Equi Terme, il Mulino Didattico di Arlia, il Museo del Lavoro nella Valle del Lucido di Monzone, il Museo di S. Giovanni degli Agostiniani di Fivizzano, l’Ecomuseo della Montagna Lunigianese (Fivizzano-Casola), l’Ecomuseo dell’Alta Garfagnana, il Museo dell’Identità dell’Alta Garfagnana “O. Cammelli” Gorfigliano, la Rete Comunale dei Musei di Fivizzano, la Rete Museale Provincia Massa Carrara “Terre dei Malaspina e delle Statue stele (Progettazione), la Rete Comunale Museale di Fosdinovo. Ha scritto e pubblicato saggi, recensioni, articoli e libri.
Dialoghi atlantici sui crinali delle montagne: comunità e territorio, con Pier Paolo Viazzo e Sofia Venturoli


Pier Paolo Viazzo e Sofia Venturoli dialogano sul rapporto che le comunità alpine e andine intrattengono con il loro territorio, quali siano le relazioni che si stabiliscono tra montagne e collettivo umano, ben al di là dello sfruttamento economico, e come le montagne partecipino socialmente e culturalmente nella vita delle comunità.
Pier Paolo Viazzo insegna Antropologia sociale all’Università di Torino. Uno dei suoi principali ambiti di ricerca è da molti anni lo studio storico-antropologico dei rapporti tra ambiente, popolazione e struttura sociale nelle Alpi. Dal 2009 al 2012 ha presieduto il gruppo di lavoro internazionale sui cambiamenti demografici in area alpina istituito dalla Convenzione delle Alpi. Tra i suoi lavori: Upland Communities. Environment, Population and Social Structure in the Alps since the Sixteenth Century (Cambridge University Press, 1989). Il Mulino, 1990 2a ed. Roma, Carocci, 2001) e Introduzione all’antropologia storica (Roma, Laterza, 2000). Con Andrea Membretti e Ingrid Kofler ha recentemente curato Per forza o per scelta. L’immigrazione straniera nelle Alpi e negli Appennini (Roma, Aracne, 2017).
Sofia Venturoli insegna Antropologia dell’America Latina e Antropologia Politica all’università di Torino. I suoi principali temi di ricerca sono: relazione uomo-territorio, processi di cambiamento socio-culturale, etnogenesi e rivendicazioni identitarie delle popolazioni indigene d’America. Sulle Ande peruviane ha svolto ricerche di campo etnografico nelle comunità andine della sierra di Ancash. Tra le sue principali pubblicazioni sul tema: Los Hijos de Huari. Historia y etnografía de tres pueblos andinos, Colección Estudios Andinos, Fondo Editorial, Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima. Rivista Italiana di Studi Americanistici, Numero Monografico “Sguardi Italiani sulle Ande”, n. 30 aprile 2012, Centro Studi Americanistici, Perugia. Venturoli Sofia, (editora), 2012, Espacios, Tradiciones y cambios en la Provincia de Huari. Ecos desde la Escuela de etnografía del Proyecto “Antonio Raimondi”, Ancash Perú, Progetto “Antonio Raimondi”, Università di Bologna- Alma-DL, Bologna.
Culture nei cambiamenti climatici, tra dinieghi e desideri, con Mauro Van Haken

I cambiamenti climatici emergono come intensa, minacciosa e intima questione culturale, proprio a partire dal cambiamento dei flussi d’acqua, delle correnti del tempo atmosferico: non solo per le conseguenze e le risposte sociali alla vulnerabilità di molte popolazioni di un “tempo che cambia”, ma perché pongono al centro la crisi del concetto occidentale di natura e le relazioni, ecologiche e culturali assieme, che intratteniamo con altri soggetti non-umani, relazioni spesso valorizzate dalle più diverse culture. Ma culturali sono anche i gas climalteranti, invisibili ma prodotto della nostra molto tangibile economia del carbonio, e culturali sono i processi con cui faticosamente nascondiamo le interdipendenze ambientali. Le culture son sempre state “atmosferiche” e oggi abbiamo bisogno di riscoprirlo, non solo a fronte di una catastrofe ambientale, ma per tornare ad abitare le relazioni e i desideri di una conversione ecologica e dell’immaginario nell’economia del carbonio
Professore associato in Antropologia presso l’Università Milano- Bicocca, insegna Antropologia della Contemporaneità e Antropologia Economica e Sviluppo (Dip. Di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”). Ambiti e passioni di ricerca sono le culture del e nell’ambiente, gli immaginari ecologici, le relazioni tra società, acqua e atmosfera, e le dinamiche culturali nei cambiamenti climatici.
La gestione di un’appartenenza: l’esperienza di Paese dell’Acqua, con Marco Iamiceli

L’esperienza di Paese dell’Acqua nasce grazie alla ricchezza di sorgenti, fontane pubbliche e fiumi presenti a Sassinoro e nella Valle del Tammaro. Ci troviamo in un piccolo centro in provincia di Benevento, alle pendici del Matese, riserva idrica dell’Appennino centro-meridionale di straordinaria importanza. I Paesi dell’acqua oltre a rappresentare il patrimonio ambientale più importante del nostro paese, spesso sono gli stessi che alimentano gli acquedotti delle città più antropizzate. Proveremo, attraverso il racconto della nostra esperienza, a conciliare i concetti di gestione in economia del servizio idrico integrato e dei servizi ecosistemici, con quello forse più importante dell’appartenenza e dell’aggregazione.
Marco Iamiceli nato a Roma il 20 Agosto 1966. Dal 2009 al 2015, ricopre anche il ruolo di assessore alla Comunità Montana “Titerno Alto Tammaro”. Durante l’esperienza amministrativa, organizza nel 2008, “Sassinoro Paese dell’Acqua”, evento sul tema della tutela, la salvaguardia e la promozione delle risorse idriche, giunto alla XII^ edizione e oggi divenuto “Paesi dell’acqua” con il coinvolgimento del territorio. Nel 2015 fonda insieme a due giovani del posto l’associazione culturale “Paese dell’Acqua”, naturale sviluppo del percorso di crescita, che apre all’idea di creare una rete nazionale dei piccoli comuni delle cosiddette aree interne, in grado di divulgare ovunque la cultura dell’appartenenza e non del possesso. Attualmente e’ consulente del Gal Alto Tammaro “Terre dei Tratturi” e membro della segreteria Nazionale del Comitato beni pubblici e comuni Rodotà, depositario della legge di iniziativa popolare sui beni comuni.
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